venerdì 8 giugno 2018

Chi sono

Trovo difficile su due piedi scrivere una mia biografia. Ci provo lo stesso. Mi chiamo Christian e nella mia vita ho molte passioni che coltivo giorno dopo giorno. Questo blog, aperto qualche anno fa è cresciuto nel tempo fino a diventare un contenitore di tutte ciò che amo.
Lavoro come preposto nella ditta di famiglia ma ho un sogno nel cassetto. Cerco di realizzare giorno dopo giorno. Scrivere e pubblicare libri, e un giorno, riuscire anche a vivere solo di questo. Ce la sto mettendo tutta a realizzare questo mio sogno e nonostante le difficoltà non mi scoraggio. Mai.
Sono sposato e ho una bellissima famiglia. Una moglie fantastica e due magnifici figli. Un maschietto e una femminuccia. Sono la mia vita e per loro farei qualsiasi cosa, voglio dimostrargli nel tempo, che, con la giusta determinazione, tutti i propri sogni possono realizzarsi.




La clessidra magica

Con grande gioia nel cuore, finalmente, mi sono deciso ad auto pubblicarmi su Amazon e l'ho fatto con un racconto che mi è sempre stato nel cuore. Perché, vi chiederete, qualcuno dovrebbe spendere dei soldi per leggere un racconto? Capisco che possa sembrare assurdo, ma, in fondo, per quello che costa, stai in qualche modo contribuendo alla realizzazione di un sogno. In questo racconto ho cercato di metterci tutta la passione e l'amore che ho nei confronti della scrittura. Spero che piaccia!

Sinossi
John è un uomo che sogna di diventare uno scrittore, però a causa del suo lavoro e agli impegni famigliari non trova mai il tempo per scrivere. Un giorno, grazie ad un piccolo aiuto magico, troverà finalmente il tempo che ha tanto sognato. Ma non sempre avere tanto tempo a disposizione aiuta a diventare scrittori....


 LA CLESSIDRA MAGICA


Fatemi sapere se il racconto vi è piaciuto e non esitate a contattarmi per opinioni, consiglio o anche solo per conoscermi meglio.



giovedì 24 maggio 2018

Nessun rumore



Mi svegliai alla stessa ora di sempre e iniziai a prepararmi il caffè. Avevo una strana sensazione, ma, nello stato di spossatezza in cui mi trovavo, non mi resi ancora conto di nulla. Vagavo ancora in quel limbo tra il risveglio e il riavere le piene facoltà mentali. Ma poi quel qualcosa di strano lentamente e inesorabilmente è penetrato nella mia testa.
Era il silenzio.
Totale.
Nessun rumore proveniva dalla strada.
Nessun rumore...

Vivevo in un appartamento che affacciava su una via principale ed era impossibile non sentire nemmeno un’automobile che passava. Ne una voce. Ne un televisore acceso. Pensavo di essere ancora sul letto a sognare. Era impossibile crederci, eppure non volava una mosca.

Solo un assordante silenzio.

Il corso dei miei pensieri fu interrotto dal fischio della macchinetta del caffè che stava fuoriuscendo come al solito. Dimentico sempre la moka sul fuoco. Bevvi il caffè a piccoli sorsi pensando tra me e me che magari era tutto frutto della mia immaginazione. Magari non si sa per quale ragione cosmica, in questi pochi minuti dal mio risveglio, non passava una macchina e tutti erano calmi, tranquilli e silenziosi. Magari stavo diventando sordo. Impossibile, il gorgoglio del caffè che usciva lo avevo sentito bene. Provai ad accendere la televisione. Non prendeva nessun canale. Tutte schermate vuote e mute. Stavo sicuramente sognando. Decisi finalmente di andare ad aprire il balcone e affacciarmi sulla strada. Stavo sicuramente sognando. Macchine ferme ovunque al centro della strada, vestiti sparsi sui marciapiedi, moto, biciclette e scooter sembravano abbandonati.

Sognavo.

Scesi in strada ancora in mutande e con la tazzina di caffè in mano. Non potevo credere a quello che vedevo. Uno scherzo di cattivo gusto era impossibile. Troppo elaborato. Speravo di svegliarmi. Mi schiaffeggiai con tutte le mie forze e mi procurai soltanto una spiacevole irritazione. Cosa cazzo era successo? Tutti quanti erano spariti.
Osservai meglio i vestiti sparsi in strada, sembrava che la gente si fosse volatilizzata nel nulla in un istante. Non riuscivo a metabolizzare quello che mi circondava. Tornai a casa. Ero confuso e non sapevo cosa fare. Io, scrittore, mi ritrovavo a vivere uno di quegli incubi che tanto mi piaceva raccontare. Vagavo per casa come un fantasma, confuso, incredulo, impaurito. Mi dissi tra me e me che tutto questo era impossibile, stavo sicuramente sognando. Tornai anche a dormire, ci misi una fatica del diavolo a prendere sonno e alla fine, quando qualche ora più tardi mi svegliai, ero convinto di avere solo sognato. Ma quel silenzio tornò a gelarmi il cuore. Nulla era cambiato. Mi riaffacciai dal balcone e tutto quanto era come qualche ora prima. Si era solo annuvolato e sembrava che stesse per piovere.

Non stavo sognando.

Piansi. Tanto. Mi sfogai, sentii di impazzire, provai a chiamare tutti i numeri che avevo nella rubrica. Tutti staccati. Provai con la polizia, l’ospedale, i pompieri, tutto. Nessuna linea telefonica funzionava. Ero solo. Era impossibile. Dovevo trovare qualcuno.
Ho iniziato a vagare senza meta per il quartiere e ovunque lo stesso scenario. Auto, vestiti, caos. Ma nessuno che potesse vedere insieme a me questo terribile incubo. Nessuno con cui confrontarmi.
Entrai in un bar. Vestiti ovunque. Anche quelli del barista dietro al bancone.
Mi servii da solo un goccio di whisky. Quel giorno mi scolai l’intera bottiglia e svenni ai piedi del bancone per risvegliarmi nel tardo pomeriggio con la peggiore emicrania della mia vita. Vomitai tutto. Tornai a casa e continuai a dormire fino al giorno dopo.

Mi svegliò il suono di un clacson e il solito litigio tra due autisti all’incrocio sotto casa.
Tutto era come prima. Che cazzo di incubo avevo fatto?

Ma, fu solo un incubo?


Maggio 2017

martedì 22 maggio 2018

L'uomo dei sogni



-Finalmente sei tornato amore mio, ti stavo aspettando...-

Lei era in cima ad una collina distesa sull'erba e coperta solamente con un grande scialle di cotone trasparente che faceva intravedere tutte le sue perfette nudità. Tese le braccia verso l'uomo che si stava avvicinando con lunghi passi affaticati.

- Ho avuto una giornata molto pesante al lavoro amore mio, non vedevo l'ora di tornare tra le tue braccia -.

Fecero l'amore sotto un sole primaverile e poi stretti forte l'uno all'altra si sussurravano parole di amore eterno. Mangiarono quel poco che avevano dietro e poi insieme andarono a visitare una nuova città, navigarono lungo un fiume e si rincorsero nei boschi con una dolce melodia di sottofondo, tutto era idilliaco. Poi si svegliò.

Come tutte le mattine, l'uomo scuro in volto, tornava brutalmente alla realtà. Guidato dall'irritante suono della sveglia e strappato via da quel mondo di sogno che per anni era riuscito a crearsi solo per lei. Mentre i suoi pensieri erano rivolti ancora a lei, cominciò ad alzarsi. Mangiò per colazione gli avanzi della sera prima e preparò del caffè mentre iniziava a vestirsi. C’era qualche bottiglia di birra sparsa per casa con ancora qualche fondo non bevuto che mandò giù insieme al caffè. Il suo riflesso allo specchio era quello di un uomo trascurato, la barba di molti giorni non fatta e un aspetto curvo che incuteva la più completa indifferenza. Odiava il suo aspetto, odiava vedersi riflesso allo specchio, nei suoi sogni non si vedeva mai riflesso, nei sogni gli specchi non riflettono mai e di questo ne era felice.

Uscì di casa per andare a lavoro, ignorato come sempre da chi incrociava, nemmeno il portiere del palazzo gli faceva mai un saluto. Era un fantasma, ma per lui andava bene così, non era questa la sua vita, non era questo il suo mondo. I sogni erano la sua vita e lei il centro del suo universo. Lei che nella realtà non sapeva neanche il suo nome, ma che importanza può avere un nome in questo squallido mondo di passaggio. La vita per lui era diventata quell'arco di tempo che intercorre tra un sogno e un altro.

La donna con cui aveva deciso di vivere nei suoi sogni non poteva neanche definirsi una collega. Lui lavorava nel suo stesso albergo, ma mentre lei si occupava di ricevere i clienti e farli accomodare, lui era l’addetto alle pulizie, i bagni toccavano sempre a lui, fetidi e nauseabondi tutti i giorni. Si incrociavano raramente in albergo e fu per caso che lei entrò nei suoi sogni, per un semplice sguardo che gli diede più per curiosità che per altro. Da quel giorno quello sguardo entrò per sempre nei suoi sogni e diede un senso alla sua vita anno dopo anno. Dopo quello sguardo non ce ne fu mai più nessun altro, ma di questo non gli importava affatto. Sapeva che lei lo aspettava sempre nei suoi sogni, sapeva che era sua e che insieme, ogni fantasia, ogni desiderio, ogni follia poteva essere esaudita.

Fu mentre puliva un bagno che la sua attenzione fu catturata da dei mugolii provenienti da un ripostiglio vicino alla stanza in cui si trovava. La curiosità di vedere di cosa si trattasse lo fece avvicinare con cautela alla porta del ripostiglio, senza farsi sentire aprì lentamente la porta e ciò che vide gli fece scattare una molla nella testa. Davanti a lui c'era la donna dei sui sogni che da dietro si faceva montare selvaggiamente da un suo collega. Con una calma innaturale e facendo attenzione a non far rumore l'uomo andò a prendere nel corridoio poco distante un estintore e con passi lenti tornò verso il ripostiglio. Fu questione di un attimo. Un colpo sordo sulla testa e lei si ritrovò parti di cervella sulla schiena, quando si accorse di quello che era successo un urlo isterico si levò per tutto l’albergo.

Ciò che accadde dopo fu del tutto prevedibile, l'uomo venne arrestato, nessuno sapeva niente sul suo conto, non aveva amici, non parlava con nessuno e da quel giorno non parlò più del tutto. Non riusciva più a sognare. Il suo aspetto si fecce ancora più cupo. Occhiaie tremende gli dipingevano occhi tetri. I medici lo dichiararono instabile mentalmente e un individuo pericoloso per la società. La corte di giustizia gli diede la pena di morte e dopo un mese dal processo in cui fu dichiarata la sentenza, di fronte alla famiglia della vittima, steso e legato sul lettino dove l'iniezione fatale lo avrebbe fatto addormentare per sempre, aspettava impassibile, noncurante di ciò che gli stava accadendo; aveva un solo pensiero nella mente. Non era più riuscito a sognarla, aveva smesso di fare sogni e del resto non gli importava più nulla. Era diventato un vegetale e non gli importava più di vivere. Se non poteva più sognare la sua vita non aveva più nessuna importanza. Aspettava solo la fine.

Il medico che stava per porre termine alla vita del condannato, spiegò ai familiari della vittima che la procedura si sarebbe svolta con due iniezioni, la prima lo avrebbe fatto addormentare e la seconda gli avrebbe fermato il cuore. Fu durante la prima iniezione che lei tornò a far parte dei suoi sogni, ed un sorriso gli si dipinse sul volto mentre dolcemente si addormentava.

- Finalmente possiamo stare insieme per sempre amore mio.



Novembre 2016

lunedì 21 maggio 2018

Il consiglio di Hemingway




Spesso il miglior modo per iniziare a scrivere qualcosa di buono è semplicemente mettersi seduti, magari nel proprio posto preferito e iniziare a scrivere con una frase, la più sincera che si riesca a tirare fuori. Questo è il miglior consiglio che mi sia mai stato dato. Fu Hemingway a darmelo. Conoscere lo scrittore che più stimo fu l'esperienza più gratificante di tutta la mia vita. Era li seduto al suo locale preferito di Parigi, la Croserie des Lilas con quaderno e matita in mano intento a scrivere uno dei suoi straordinari pezzi. Li, in mezzo alla gente sembrava un gigante che sovrastava tutti quanti. Fu più forte di me, era l'occasione di una vita, dovevo conoscerlo, dovevo parlargli, per me lui rappresentava la scrittura e l'essere scrittore. Volevo essere come lui, vivere intensamente la mia vita come aveva fatto lui, l'amore, la guerra, le corride, le bevute, la caccia, la pesca, i viaggi. Chi mai può dire di aver vissuto la vita così profondamente come lui. Chi meglio di lui sapeva descriverla con una sincerità tanto diretta da rimanere senza fiato leggendo le sue opere. Quando iniziai a parlarci mi accolse con garbo e poi mi diede il miglior consiglio che un aspirante scrittore possa ricevere: “Non preoccuparti. Hai sempre scritto e scriverai ancora. Non devi fare altro che scrivere una frase sincera. Scrivi la frase più sincera che sai”. Così feci. E ancora oggi, ogni volta che inizio a scrivere, mi ricordo delle parole dello scrittore che nella vita ammiro di più. Da quel giorno, anche se fu l'unica volta che lo incontrai, Hemingway, diventò il mio maestro. Ciò che sono diventato, nel bene o nel male, lo devo soltanto a lui. Provo una profonda gratitudine per quelle parole e per il tempo, seppur breve, che mi dedicò.


Racconto Bonsai - Novembre 2016

Haruki Murakami - L'uccello che girava le viti del mondo



Qualche tempo fa ho finito la lettura di questo splendido libro di Murakami. Nella mia personale classifica si piazza al secondo posto tra 19Q4 e Kafka sulla spiaggia. Ho adorato questo libro e mi sono lasciato completamente trasportare dalle vicende dei molti personaggi che popolano questo romanzo. Come mi ha sempre abituato Murakami, i suoi personaggi sono incredibilmente vividi, reali, tangibili. Col passare delle pagine diventano amici. Impossibile non affezionarcisi. Murakami ha poi quel grande pregio, e invidio molto questa sua dote, di riuscire a dare una sensazione di profondità anche quando i suoi personaggi fanno le azioni più semplici come l'andare a fare la spesa o cucinarsi qualcosa. Nelle azioni più banali e quotidiane riesce a dare una profondità ai suoi personaggi grazie a quello che pensano e a quel suo stile unico di scrittura. Cucinare non è solo il semplice atto di prendere del cibo e metterlo sul fuoco, ma diventa un pretesto per delle profonde riflessioni sul senso della vita. Sto facendo un esempio molto generico ma questo autore riesce a trasportarti nella testa dei suoi personaggi in maniera unica. Su due piedi non so se conosca altri scrittori in grado di dar vita ai personaggi con questo stile. Ci sono sicuramente, e magari altrettanto bravi, ma nessuno ha questo suo modo unico di creare personaggi. La trovo come una sorta di firma personale. Murakami ha
quel modo di scrivere che mi ha conquistato già dal suo primo libro che ho letto, Norwegian Wood. Potrei stare ore a parlare di questo scrittore senza mai stancarmi. Tra gli scrittori contemporanei in vita è sicuramente il mio preferito e nella mia collezione, dei suoi libri, me ne mancano solo un paio. A casa, ho un ripiano della mia grande libreria dedicato solo a lui.

Parlando del libro in se, se dovessi descriverlo a qualcuno che non lo ha letto, mi rendo conto di trovarmi in grande difficoltà. Con un certo imbarazzo non saprei proprio da dove cominciare. Ci sono così tante storie all'interno di questo romanzo, così tanti personaggi, e ognuno la la sua  vita raccontata che è difficile descrivere il sottile filo che collega tutto quanto. Ritengo che sia come un contenitore di vite, una più interessante dell'altra. La trama è così fitta di eventi tanto diversi da loro ma altrettanto legati tra loro che solo quando si arriva alla fine il quadro d'insieme viene fuori. Dire che questo romanzo racconta le vicende di un uomo sposato e un giorno sparisce il gatto della moglie che lo supplica di ritrovarlo, e poi anche lei sparisce di punto in bianco, sarebbe riduttivo. La storia è costellata di personaggi pazzeschi, ognuno che vive in un proprio micromondo e l'unico modo per comprendere quello che sto cercando di dire è leggere questo fantastico romanzo. Alla fine della lettura, per quanto mi riguarda, ho vissuto una sorta di malinconia. Mi sono sentito come se degli amici mi avessero salutato e non gli avrei rivisti per molto tempo. Non è un libro facile da digerire, secondo la mia modesta opinione, Murakami o si ama o si odia. Io penso di avere una sensibilità tale da farmelo amare alla follia e già non vedo l'ora di rileggere questo libro che ritengo un suo grande capolavoro. Lo consiglio vivamente a chi ama questo scrittore, forse non lo consiglierei a chi vuole iniziare a conoscere Murakami, vista anche la mole del libro che conta oltre le ottocento pagine; ma se ancora non avete letto L'uccello che girava le viti del mondo e vi piace questo scrittore, questo libro vi toglierà il sonno.

domenica 20 maggio 2018

Il mostro



Mai la morte fù più vicina come in quel momento, quel dannato mostro era quasi vicino. Io bloccato dentro una stanza minuscola, al buio, con solo una torcia elettrica. Lo sentivo dietro la porta, era vicino. Molto vicino. Era la mia fine. Mi ero rassegnato eppure una parte di me si rifiutava di gettare la spugna. Con la torcia feci luce nella stanza alla ricerca di qualcosa che mi permettesse di sopravvivere. Solo un paio di scaffali vuoti, barattoli di vernice, pennelli e spatole. Nulla di utile. Poi vidi qualcosa, una mazza da baseball. Tombola! L'afferrai e spalancai la porta. Davanti a me c'era lui, l'essere immondo, brandelli di carne gli penzolavano dal corpo, occhi iniettati di sangue, denti accuminati pronti a sbranarmi vivo. Con tutta la rabbia e violenza che avessi in corpo mi gettai verso l'abominio. Cominciai a colpirlo con tutto l'odio che avessi in corpo, un colpo, due colpi. Lo colpii sulla testa sulle braccia, sentii di avergli spezzato le ossa e il cranio, pezzi di cervello erano rimasti appiccicati sulla mazza. Il sangue era ovunque. Non riuscii a fermarmi, ero preso da una frenesia che non mi aspettavo e continuai a percuotere il corpo senza vita di quell'orrendo mostro ancora per tanto tempo, fino a che, sfinito, non crollai a terra senza fiato. Mi sentivo libero, provavo una sensazione di sollievo, stavo benissimo. Ridevo di cuore, ero vivo! Poi l'orrore. Guardai meglio ciò che era rimasto del cadavere, mi avvicinai lentamente. La mano andò da sola sul suo volto. Tirai via qualcosa, una maschera. Quello che vidi mi gelò il cuore. Mio fratello. Mi aveva voluto fare uno scherzo e io l'ho ammazzato. La testa quasi mi implose e urlai a squarciagola fino a non avere più voce. Gridai il suo nome ma era troppo tardi.

Racconto Bonsai - Novembre 2016

Albert Camus - Lo Straniero

Ho scelto il prossimo libro che mi accompagnerà per i prossimi giorni. Si tratta dello straniero di Albert Camus. Libro di poco più di centocinquanta pagine. Le aspettative sono alte. 


Note di copertina 

Pubblicato nel 1942, Lo straniero è un classico della letteratura contemporanea: protagonista è Meursault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo.
Un giorno, dopo un litigio, inesplicabilmente Meursault uccide un arabo. Viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto - il processo e la condanna a morte - senza cercare giustificazioni, difese o menzogne. Meursault è un eroe "assurdo", e la sua lucida coscienza del reale gli permette di giungere attraverso una logica esasperata alla verità di essere e di sentire.

Un romanzo tradotto in quaranta lingue, da cui Luchino Visconti ha tratto nel 1967 l'omonimo film con Marcello Mastroianni.

"IL PRIMO DEI CENTO LIBRI IMPERDIBILI DEL NOVECENTO"  Le Monde

Albert Camus (1913-1960), nacque in Algeria, dove studiò e cominciò a lavorare come attore e giornalista. Affermatosi nel 1942 con il romanzo Lo straniero e con il saggio Il mito di Sisifo, raggiunse un vasto riconoscimento di pubblico con La peste. Nel 1957 ricevette il premio Nobel per la letteratura, per aver saputo esprimere come scrittore "i problemi che oggi si impongono alla coscienza umana". Di questo autore, oltre ai titoli già citati, Bompiani ha pubblicato Il rovescio e il dritto, Tutto il teatro, Caligola, I demoni, La caduta, L'uomo in rivolta, Il primo uomo, Taccuini 1935-1959, Questa lotta vi riguarda. Corrispondenze per Combat 1944-1947.
Nei classici Bompiani è disponibile il volume Opere. Romanzi, racconti, saggi. 


sabato 19 maggio 2018

Racconti

Risveglio




Il suono della sveglia ti entra nella testa quando ancora ti rifiuti di svegliarti. Lo senti arrivare da lontano e, inesorabile, ti penetra dentro il cervello fino a farti capire che le ore di sonno a tua disposizione sono terminate. Fuori è ancora buio e il dovere chiama. Ti chiedi chi te lo faccia fare di alzare il culo tutte le mattine alle cinque e mezza. Fa anche freddo d’inverno e appena esci dal caldo letto il primo impatto è traumatizzante. Vorresti solo continuare a dormire. Ancora non sei pienamente cosciente e inizi a dirigerti verso il bagno. Hai proprio bisogno di un caffè per svegliarti così da poter cominciare a vestirti, ma senza fare troppo rumore, i tuoi stanno ancora dormendo. Non sei di buon umore, ti chiedi continuamente cosa ti spinge a continuare a massacrarti tutte le mattine. Domande senza risposte martellano la tua testa e intanto ti guardi allo specchio. Hai bisogno di farti la barba amico mio. Il fatto è che non ne hai voglia, pensi che in fondo non è poi tanto lunga e non ci stai neanche tanto male. Domani la tagliamo. Sei quasi pronto, manca solo la voglia di iniziare la giornata, sai che sarà una di quelle giornate che te ne tornerai la sera a casa stanco morto con un unico pensiero nella testa, dormire. E così come tutte le mattine. Così come in questo periodo. Hai bisogno di riposo. Il tempo passa e stai facendo tardi, meglio che ti affretti, non vorrai mica farti aspettare. Sia mai che una mattina decidi di mandare a fare in culo tutti e continuare a dormire, alzarti e non fare assolutamente nulla fino ad annoiarti a morte. Ma ora e meglio che ti dai una mossa. Esci di casa e ti dirigi verso la macchina. Metti in moto e decidi che è il caso che scaldi un po’ il motore prima di partire. Fuori si gela ed è ancora buio e ti accorgi che le prime luci dell’alba cominciano a colorare il cielo. Si sta schiarendo. Guardi l’ora, è proprio ora di partire, ingrani la marcia, dai gas, inizi a fare manovra e ti avvii verso la strada che ormai fai tutte le mattine. Il sole comincia ad alzarsi in cielo, è l’alba. Mentre imbocchi l’autostrada la tua attenzione viene rapita da un’aquila su di un palo di legno. E’ raro vedere un animale del genere da queste parti. In quel momento, osservando l’immagine solenne di questo animale, così fiero e illuminato dalle prime luci del sole, capisci che ne è valsa la pena essersi alzati così presto questa mattina, oggi, è stata già una giornata diversa.

Dicembre 2011




Herman Melville - Moby Dick




Alla fine ci sono riuscito, ho finito Moby Dick di Melville.
La lettura di questo libro è stata per me una tra le più travagliate che possa ricordare. Mi ci sono voluti anni per portarla a termine. La iniziavo e la lasciavo, la ricominciavo e la riabbandonavo e non c’era verso per me di portarla a termine. Non perchè non mi piaceva, se devo essere sincero non ho una risposta precisa al motivo per cui proprio non riuscivo mai a finire questo libro. Eppure ha uno stile che mi piace da morire e Merville è davvero uno scrittore fantastico.
Mi si passi il termine, sono stato un po’ paraculo nel leggere questo libro anche perchè più che leggerlo l’ho ascoltato. Da qualche mese ho attivato il servizio di Amazon: Audible.
Con la nascita del secondo figlio, il già poco tempo libero che avevo a disposizione per leggere si è quasi del tutto azzerato e visto che non riesco proprio a vivere senza leggere, la soluzione degli audiolibri è stata la scelta migliore che avessi mai fatto. Siccome passo molto tempo in macchina nel traffico quotidiano, ascoltare un libro aiuta molto a rendere quei momenti più piacevoli. Audible è sicuramente la soluzione migliore per chi ama leggere ma ha poco tempo per farlo.
Passiamo ora alla lettura in questione. Prima però devo fare una ulteriore premessa. Un audiolibro, per essere godibile, deve necessariamente essere ben interpretato. IL narratore ha un ruolo fondamentale altrimenti ciò che si ascolta, per quanto interessante, diventa noioso e straziante.
Non è il caso di questa lettura disponibile su Audible. L’edizione che ho scaricato è la versione integrale tradotta da Alberto Rossatti e letta da Piero Baldini, un attore di teatro che è stato capace di tenere alto l’interesse anche nelle parti meno interessanti e in Moby Dick  ce ne sono parecchie, ma andiamo con ordine.
Per scrivere questa recensione mi sono rifatto alle due introduzioni delle due edizioni che ho di questo capolavoro. Edizione Mondadori con la bellissima introduzione di Fernanda Pivano la quale si rifà anche lei all’introduzione dell’edizione Adelphi tradotta da Cesare Pavese con una sua personale introduzione. Non posso che citare quindi le parole di Cesare Pavese per iniziare la recensione di questo epica lettura.
Pavese scrive: “Acab insegue Moby Dick per sete di vendetta, è chiaro, ma, come succede in ogni infatuazione di odio, la brama di distruggere appare quasi una brama di possedere, di conoscere. Se poi ricordiamo che Moby Dick assomma a sé la quintessenza misteriosa dell’orrore e del male dell’universo avremo senzaltro capito come le tante didascalie digressive, raziocinanti e scientifiche non si contrappongano al reverente timor sacro puritano ma piuttosto l’avvolgano in un lucido alone di sforzo, di indagine, di furore conoscitivo, che ne è come dire il riflesso laico”.
Per capire appieno il senso di quanto scritto si deve necessariamente leggere il capitolo “La bianchezza della balena” per cogliere il simbolismo del male incarnato nel libro dalla balena bianca.
Il libro mi ha suscitato emozioni contrastanti. Meglio specificare fin da subito che mi è piaciuto da morire ma molte parti, seppur molto interessanti, sono state difficili da portare a termine poiché trattano di argomenti che, se non si è grandi appassionati del settore, non si possono pienamente apprezzare.
Comunque ritengo che la lettura di questo classico, sia in qualche modo obligatoria, trovavo inaccettabile per me non esere mai riuscito a portare a termine un libro come Moby Dick. Un libro che incanta, che appassiona, che trasmette la passione di questo scittore per la caccia alle balene che, seppur oggi come oggi la trovo abberrante, nel contesto del romanzo e nel periodo in cui è stato scritto, era del tutto lecita e aveva un senso. Senso che oggi chiaramente non ha più.
Una lettura obbligatoria per chi ama i classici.

Per chi fosse interessato all'edizione da me ascoltata è questa: Moby Dick, Melville

Haruki Murakami - L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio



Ho finito di leggere il libro di Murakami che avevo iniziato qualche tempo fa. L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio. Questa, è stata una lettura davvero scorrevole, non ho impiegato molto tempo a portarla a termine e mi ha fatto scoprire un bellissimo album di musica classica che ho poi acquistato. Si tratta degli anni di pellegrinaggio di Liszt eseguiti magistralmente da Lazar Berman. Leggere questo libro e ascoltare questo album composto da tre cd (il vinile è abbastanza difficile da trovare), ha tutto un altro sapore. La lettura risulta più completa quasi come se uno completasse l’altro. La musica, nei romanzi di Murakami ha davvero un ruolo fondamentale e non posso fare a meno di ringraziarlo. Grazie ai suoi libri infatti, mi ha fatto conoscere grandissimi musicisti e dei bellissimi album. Daltronde parliamo di una persona che ha una collezione che conta oltre i diecimila(!) vinili. Qualcosina più di me ne sa sicuramente.
Riguardo il libro però devo ammettere che, rispetto ad altri suoi lavori, non mi ha entusiasmato più di tanto. Mi è piaciuto comunque molto ma forse gli mancava quel tocco onirico in più che contraddistingue gran parte dei suoi scritti. In conclusione però non mi è dispiaciuto affatto poiché, con la sensibilità che lo contraddistingue tocca temi molto delicati scavando molto in profondità l’animo umano. I personaggi che popolano questo romanzo sono più vividi che mai, proprio come Murakami mi ha sempre abituato. Forse avrei dovuto leggerlo molto prima per apprezzarlo di più. Prima di altri libri che mi hanno decisamente più segnato. Se dovessi consigliare questo libro, direi che andrebbe letto nel caso si intendesse iniziare a conoscere questo grande scrittore. Anche se questo libro risulta essere uno dei suoi ultimi lavori.



Risveglio

Il suono della sveglia ti entra nella testa ancora ti rifiuti di svegliarti.  Lo senti arrivare da lontano  inesorabile ti penetra dentro il...