Mai la morte fù più vicina come in
quel momento, quel dannato mostro era quasi vicino. Io bloccato
dentro una stanza minuscola, al buio, con solo una torcia elettrica.
Lo sentivo dietro la porta, era vicino. Molto vicino. Era la mia
fine. Mi ero rassegnato eppure una parte di me si rifiutava di
gettare la spugna. Con la torcia feci luce nella stanza alla ricerca
di qualcosa che mi permettesse di sopravvivere. Solo un paio di
scaffali vuoti, barattoli di vernice, pennelli e spatole. Nulla di
utile. Poi vidi qualcosa, una mazza da baseball. Tombola! L'afferrai
e spalancai la porta. Davanti a me c'era lui, l'essere immondo,
brandelli di carne gli penzolavano dal corpo, occhi iniettati di
sangue, denti accuminati pronti a sbranarmi vivo. Con tutta la rabbia
e violenza che avessi in corpo mi gettai verso l'abominio. Cominciai
a colpirlo con tutto l'odio che avessi in corpo, un colpo, due colpi. Lo colpii sulla testa sulle braccia, sentii di avergli spezzato le
ossa e il cranio, pezzi di cervello erano rimasti appiccicati sulla
mazza. Il sangue era ovunque. Non riuscii a fermarmi, ero preso da
una frenesia che non mi aspettavo e continuai a percuotere il corpo
senza vita di quell'orrendo mostro ancora per tanto tempo, fino a
che, sfinito, non crollai a terra senza fiato. Mi sentivo libero,
provavo una sensazione di sollievo, stavo benissimo. Ridevo di cuore,
ero vivo! Poi l'orrore. Guardai meglio ciò che era rimasto del
cadavere, mi avvicinai lentamente. La mano andò da sola sul suo
volto. Tirai via qualcosa, una maschera. Quello che vidi mi gelò il
cuore. Mio fratello. Mi aveva voluto fare uno scherzo e io l'ho
ammazzato. La testa quasi mi implose e urlai a squarciagola fino a
non avere più voce. Gridai il suo nome ma era troppo tardi.
Racconto Bonsai - Novembre 2016
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