lunedì 11 agosto 2014

Tutti a Macondo con Marquez

Come decima lettura della lista ho deciso di leggere questo capolavoro da premio nobel di Gabriel Garcìa Marquez, Cent'anni di solitudine. Mi ero ripromesso che fosse il prossimo libro in onore dello scrittore che poco tempo fa è venuto a mancare, lasciando un grande vuoto nel panorama della letteratura mondiale.


Note di copertina

Da Josè Arcadio ad Aureliano Babilonia, dalla scoperta del ghiaccio alle pergamene dello Zingaro Malquìades finalmente decifrate: cent'anni di solitudine di una grande famiglia i cui componenti vengono al mondo, si accoppiano e muoiono per inseguire un destino ineluttabile, in attesa della nascita di un figlio con la coda di porco. Pubblicato nel 1967, scritto in diciotto mesi, ma "meditato" per più di tre lustri, Cent'anni di solitudine rimane un capolavoro insuperato e insuperabile, che nel 1982 valse al suo autore l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura. Con questo romanzo tumultuoso che usa i toni della favola, sorretto da una tensione narrativa fondata su un linguaggio portentoso e su una fantasia prodigiosa, Gabriel Garzia Marquez ha saputo rifondare la realtà e, attraverso Macondo, creare un vero e proprio paradigma della solitudine. In questo universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne, galleggia una moltitudine di eroi predestinati alla sconfitta, cui fanno da contraltare la solidità e la sensatezza dei personaggi femminili. Su tutti domina la figura del colonnello Aureliano Buendìa, il primo uomo nato a Macondo, colui che propose trentadue insurrezioni senza riuscire in nessuna, che ebbe diciasette figli maschi e glieli uccisero tutti, che sfuggì a quattordici attentati, a settantatré imboscate e a un plotone di esecuzione per finire i suoi giorni chiuso in un laboratorio a fabbricare pesciolini d'oro.



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